IDEE E SUGGESTIONI PER MODENA 2040

Cosa vorremmo portarci dietro nei prossimi 20 anni, cosa frena e cosa spinge verso il futuro dei modenesi tra timori, regole e voglia di cambiamento

di Vittorio Martinelli

Fanno fatica i modenesi a immaginarsi la città fra vent’anni? La loro proverbiale concretezza e capacità di fare li àncora al presente e frena pensieri e immagini nel lungo periodo? Qualunque sia la risposta ha fatto bene la Fondazione Mario Del Monte a mettere a disposizione della città una ricerca (a cui ho collaborato) che proietta lo sguardo su Modena nel 2040. Non è una previsione ma raccoglie indicazioni su come dovrebbe essere la città e per questo raccoglie anche atteggiamenti del presente: la paura, a volte la diffidenza, verso un cambiamento visto soprattutto come rischio e non come opportunità, il realismo del “ma chi paga?”, ma anche la libertà di immaginare, di sognare, di lasciarsi andare anche perché il setaccio dell’esperienza riporterà a realtà. Insomma c’è Modena dentro la Modena che immagina il proprio futuro. Per descrivere le attese verso Modena 2040 occorre scegliere quanta e quale città di oggi ci porteremo, ma anche decidere quanto saremo capaci di cambiare, innovare comportamenti, servizi, regole.

Dunque questa riflessione si articola in due parti:

La prima parte riguarda come Modena si prepara al 2040, quali atteggiamenti sono presenti, quali caratteristiche e tratti identitari non siamo disponibili a lasciare e vogliamo portare nel futuro, quanto passato e presente vogliamo tenere, e infine quali piste, quali fili rossi, dovremmo seguire per costruire la nuova città;
La seconda parte invece si concentra ad immaginare nuovi comportamenti, nuove modalità dei servizi, del lavoro, della mobilità, delle relazioni, nuovi diritti ecc. che dovrebbero caratterizzare la nuova città.

È possibile ora percorrere e tratteggiare i titoli che compongono la prima parte (per la seconda rinviamo al prossimo numero).

Primo: investire sulla cultura e il capitale umano

A più riprese e nel corso di tutta la ricerca viene indicata la priorità della cultura e della formazione come risorsa indispensabile e prioritaria per il futuro. È un’indicazione in parte nuova per Modena, una città che ha messo il fare e la concretezza al primo posto, condizione per ogni risultato, base di ogni successo. L’investimento sulla cultura e il capitale umano segna un salto di qualità, registra l’esigenza di accumulare competenze nuove, rimarca la convinzione che siamo entrati in un periodo dove la risorsa del sapere può fare la differenza e non è sostituibile dalla competenza del fare.

Cambiamento, comunità, regole
Tra le cose utili per la crescita della città sono state individuate il cambiamento (rispetto alla continuità), la comunità (rispetto all’individuo), le regole (rispetto alla libertà). Non che continuità, individuo e libertà non abbiano importanza, tuttavia di fronte ad una indicazione di priorità l’idea del cambiare insieme è prevalente rispetto al fare individuale. È la riaffermazione di un altro tratto dell’identità modenese e cioè che la conquista di nuovi traguardi sociali è la condizione di miglioramenti individuali più stabili e forti, dove le regole hanno funzione di garanzia più che di costrizione.

Modena: lavoro e capacità di fare
Nell’individuazione dei caratteri identitari da portare nel futuro viene riproposto il lavoro nella sua pluralità di significati: la capacità di fare, la dignità individuale, il benessere sociale, la resilienza che non cede alla rassegnazione ecc. Torna dunque la dimensione del fare che diviene metro di misura della vita propria e degli altri, strumento di selezione delle idee, luogo della relazione sociale.

Moderati e innovatori
Parlando ancora di identità, come sono i modenesi, come arrivano al futuro? Non sono dei radicali, questo è certo, sono piuttosto dei moderati e tale moderazione a volte è innovativa altre è conservativa. D’altra parte la cultura del fare si misura sui risultati più che sulle idealità, è progressiva più che rivoluzionaria, pragmatica più che passionale.

Città di medie dimensioni
C’è anche la convinzione che l’attuale dimensione di Modena sia quella giusta, quella che consente un buon equilibrio tra opportunità e protezione, perché le eccellenze sono presenti e non hanno bisogno di una città più grande, perché la dimensione europea dell’economia è già presente (forse meno quella della cultura). Insomma non c’è né il sogno né la necessità di una città con più ampia estensione o con più abitanti.

Identità e simboli
Quella descritta è un’identità molto robusta, un presente con connotati forti, un’immagine di sé fuori da Modena molto marcata. Se fosse un animale Modena oggi sarebbe un animale che sta in comunità, con un carattere domestico, però capace di scatto, di autonomia e indipendenza, esperto nel coniugare libertà e convivenza. “Non un gatto, ma neppure una tigre”, un “felino moderato”. L’identità è forte, densa e in certa misura limita il nuovo e i simboli del futuro ripercorrono quelli esistenti, la Ghirlandina, il sito Unesco, “Avia pervia”, i motori ecc.; si riscontra una certa fatica a pensare in termini nuovi, si è indicato il cambiamento come esigenza più forte della continuità, ma questo cambiamento sembra non avere ancora simboli che lo rappresentano, sembra definirsi sui binari della continuità. Per il passaggio al futuro vengono indicate arretratezze e problemi, in particolare la crisi di rappresentanza dei corpi intermedi, la burocrazia, le classi dirigenti, i rischi che l’online comporta per la dimensione sociale.


I corpi intermedi
Sono diversi i soggetti che dovranno contribuire alla costruzione della nuova Modena e, a conferma di quanto già evidenziato, un ruolo di primo piano dovranno averlo quelli che operano nell’ambito della cultura. Ma si avverte la crisi dei corpi intermedi, gli istituti della mediazione e della rappresentanza sociale (dai partiti alle organizzazioni economiche, sociali, del volontariato, religiose ecc.). La crisi di rappresentanza di questi anni ha evidenziato un preoccupante disagio democratico, ha lasciato solo il cittadino a rivendicare diritti perdendo la forza della dimensione collettiva. Per il futuro viene indicata l’esigenza di ritrovare capacità di rappresentanza, anche con forme nuove che tuttavia sono tutte da inventare. L’ipotesi di canali diretti per raccogliere le opinioni dei cittadini può essere integrativa ma non sostitutiva di forme organizzate e stabili di rappresentanza.


Gli ostacoli al cambiamento: La burocrazia
La burocrazia è considerata un altro elemento di freno al cambiamento. Ci si riferisce non tanto all’aspetto delle regole necessarie a governare una società e una comunità locale e nemmeno all’immagine più arretrata della burocrazia quella dell’ottusità, del distacco dalla realtà, dell’autoreferenzialità, delle procedure interminabili. A Modena il problema non si pone in questi termini ma piuttosto in quelli di una burocrazia magari anche efficiente ma che sta accumulando un eccesso di regolamentazione, una tendenza a riprodurre l’esistente, a non riconoscere (e tantomeno incoraggiare) il nuovo e il cambiamento. Insomma una burocrazia che non immagina il futuro, non prefigura una città che cambia ma piuttosto la lega all’esistente, la schiaccia sul presente.


Altri ostacoli
Nell’indicazione degli ostacoli al cambiamento a Modena emergono altri due aspetti. Da un lato un certo corporativismo, come se la società locale non si basasse tanto sulla dialettica della rappresentanza democratica (a conferma della crisi dei corpi intermedi) ma piuttosto sul ruolo e sul peso di gruppi, lobby, corporazioni, acquisito nel tempo e cristallizzato nelle sedi decisionali. Dall’altro la presenza di “classi dirigenti ormai superate” dove il termine classi dirigenti si riferisce non solo alla rappresentanza politica ed istituzionale ma anche a quella economica, culturale ecc., come a proporre una questione di ricambio di prime responsabilità, forse anche un ricambio generazionale. Insomma a Modena si evidenzia un blocco che ha caratteri burocratici, corporativi, di classi dirigenti che in qualche modo può costituire un freno al cambiamento.

On line e socialità
C’è infine un ultimo ostacolo, o meglio un rischio e una certa diffidenza che emergono verso lo spostamento online di larghe parti del nostro fare e della nostra vita. Non c’è una pregiudiziale verso le nuove tecnologie, che anzi si ritiene avranno effetti positivi in diversi ambiti dalla pubblica amministrazione al commercio, dal lavoro ai servizi, dalla mobilità alla formazione. La preoccupazione riguarda la possibile ricaduta sulla socialità sia in termini di relazioni interpersonali che di luoghi fisici di incontro e scambio. E allora l’invito è quello di “ripensare il pianoterra” perché è luogo delle relazioni, dello scambio e delle opportunità, e il ripensamento riguarda gli aspetti urbanistici, economico-commerciali, sociali e dei servizi. Insomma c’è la paura che Modena verso il 2040 perda o indebolisca caratteristiche importanti della propria identità fra cui la socialità, la capacità di stare e di fare assieme, una risorsa economica e sociale che è stata chiave dei risultati raggiunti e potrebbe costituire una risorsa importantissima anche per il domani.

                                                             

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