Il sacrario della Ghirlandina simbolo di libertà
Il sacrario della Ghirlandina simbolo di libertà
Ai piedi della Torre campanaria del Duomo, contiene le immagini di più di mille partigiani e la motivazione della Medaglia d’oro al Valor Militare alla città di Modena.

Ogni volta che, in Italia o nel mondo, vengono compiute atrocità, si calpestano diritti, accadono sciagure o si accendono conflitti i modenesi si ritrovano, qui, davanti al Sacrario della Ghirlandina, monumento alla Resistenza all’occupazione nazi-fascista, divenuto luogo simbolo della pacifica protesta democratica e del raccoglimento laico. Per chi non conosce la città, ricordiamo che il Sacrario consiste in tre grandi teche di vetro, applicate, ad altezza d’uomo, ai piedi della Torre campanaria del Duomo, contenenti oltre mille formelle in ceramica con i volti dei partigiani che persero la vita nella lotta di Liberazione. Il monumento nasce spontaneamente all’indomani della fine della seconda Guerra mondiale, attraversa diverse vicissitudini, e assume la sua forma attuale solo dopo il 1972, quando un intervento di manutenzione straordinaria fissa su ceramica le foto cartacee con i volti dei combattenti per la libertà.
L’aspetto forse più sorprendente per chi non conosce il sentire dei modenesi è il fatto che ai piedi della Ghirlandina non si siano in realtà verificati clamorosi episodi o spietati eccidi come quelli raccontati dai moltissimi cippi commemorativi che costellano l’intera provincia e costituiscono il memoriale diffuso di un’epoca violenta e autoritaria. Ma il Duomo, e soprattutto la Ghirlandina, sono da sempre il cuore, il luogo più centrale di Modena, laddove ci si ritrovava fin dal Medio Evo. Non a caso, ogni anno il Giovedì grasso, Sandrone, la maschera geminiana per eccellenza, ricorda ai modenesi che la Torre campanaria è la “pioppa” a cui aggrapparsi in ogni avversità della vita. E’ quanto era avvenuto nei secoli e così avvenne anche nei primi concitati giorni dopo la Liberazione della città. Si racconta che proprio ai piedi della Ghirlandina, all’indomani del 22 aprile – data di Modena liberata - venne rinvenuto il cadavere di uno sconosciuto, malvestito e malnutrito, che aveva addosso solo una sua fotografia. Ignoti decisero di appiccicare al lato della Torre campanaria che guarda piazzetta Tassoni l’immagine in questione nella convinzione che magari qualcuno potesse riconoscere lo sconosciuto e dargli una identità.
In realtà, si trattava di una necessità diffusa, molti modenesi, sia tra chi era sfollato sulle montagne sia tra chi era rimasto in città, avevano perso traccia di parenti e amici. Il timore era che fossero stati uccisi dai fascisti o rimasti sotto le macerie dei bombardamenti, la speranza, invece, che fossero riusciti a nascondersi e in qualche modo a scampare al conflitto. Ricordiamo, infatti, che Modena subì ben 176 incursioni aeree, di cui tre bombardamenti particolarmente distruttivi. E’ chiaro, però, che erano la violenza delle truppe di occupazione tedesca e le ritorsioni delle camice nere il grande timore di coloro che non erano riusciti a riunirsi ai loro cari. Accadde, quindi, che in tanti cominciarono a portare le foto di coloro di cui non si avevano più notizie ai piedi della Ghirlandina. Gli storici ci dicono che le immagini venivano attaccate a strisce di garza o listelli di legno fissati al muro. In breve, in quel luogo, vennero affisse decine e poi centinaia di fotografie. E la colonna del dolore ben presto si trasformò in uno spontaneo memoriale, in ricordo e omaggio a coloro che avevano scelto di lottare contro l’oppressione della dittatura nazi-fascista.
Il primo memoriale ebbe però vita breve. Già nel 1946, in occasione delle elezioni, le fotografie furono tolte per lasciare spazio ai manifesti della propaganda elettorale. E’ grazie alla neo-nata Associazione nazionale partigiani d’Italia che, dal 1949, oltre 1.300 ritratti fotografici ritornano ai piedi della Ghirlandina. Nel 1951, però, alcuni cittadini, decisamente contrari a trasformare il più simbolico monumento della città in un museo naturale della Resistenza, ricorsero alla Soprintendenza e ottennero l’ingiunzione alla rimozione delle teche. La stessa Soprintendenza sposò la tesi della incongruità del luogo scelto per il memoriale, visto che non era stato teatro di eccidi o episodi significativi. Ferma la risposta dei familiari dei caduti che rivendicarono come proprio il sacrificio dei loro cari aveva consentito al resto dei modenesi di poter continuare a godere del Duomo e della Ghirlandina come massimo monumento cittadino. La burocrazia fece il resto, tra ingiunzioni di rimozione e richieste di proroghe, la pratica finì nel dimenticatoio, mentre cresceva l’affezione dei modenesi per i volti, eternamente giovani, collocati nelle tre teche.
Nella teca centrale si riportava la motivazione del conferimento della Medaglia d’oro al Valor militare alla città di Modena (vedi box), ulteriore simbolo di un popolo che aveva saputo lottare, fino all’estremo sacrificio, per la libertà di tutti. Quest’anno, in occasione del 76esimo anniversario della Liberazione del Paese, l’Amministrazione comunale, di concerto con l’Anpi, ha disposto che proprio la bacheca centrale, infiltrata dall’umidità che aveva causato la crescita di muschi, fosse spostata in un laboratorio per essere ripulita. Già il 22 aprile, però, era stata riposizionata al centro di un Sacrario che ha assunto, negli anni, il valore di bene comune per un’intera comunità.
La motivazione del conferimento della Medaglia d’oro al Valore Militare alla città di Modena
Città partigiana, cuore di provincia partigiana, al cocente dolore e all’umiliazione della tirannide reagiva prontamente rinnovando le superbe e fiere tradizioni e la fede incrollabile, ardente nei destini della patria, alle barbarie e alla ferocia nazi-fascista che tentava di conculcare l’orgoglio e domare il valore delle sue genti con vessazioni atroci, capestro e distruzioni, opponeva la tenacia invincibile dell’amore alle libere istruzioni, in 20 mesi di titanica lotta profondeva il sangue generoso dei suoi eroici partigiani e cittadini d’ogni lembo della provincia in sublime gara e si ergeva dal servaggio quale faro splendente della resistenza d’Italia infrangendo per sempre la tracotanza nemica.
Conferimento della Med. d’oro V.M. alla città di Modena 8 dicembre 1947.
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