PERCORSI MODENESI    

Strade e palazzi, giardini e cortili, vicoli e piazze. Modena il panorama completo di tutto quanto si può trovare e ammirare in una città che vanta tremila anni di storia, di vita e di vite. Ogni sasso racconta una storia, ogni angolo è stato teatro di qualcosa, ogni scalinata ha raccolto un sospiro, una carezza…di queste pietre e di questi attimi si occupa Giulia Squadrini in queste pagine di Arte di Vivere. Si inizia con una delle vie più belle, importanti e “parlanti” del centro di Modena. Ecco quindi la prima puntata dedicata a Corso Canalgrande.

SEGUI LE VIE DELL’ACQUA E A MODENA ARRIVERAI OVUNQUE

Di Giulia Squadrini

Le acque gelide del canale scorrono nella campagna, arrivano alle antiche mura, ne fluiscono al di sotto superando le grate che filtrano le scorie di maggiori dimensioni, entrano in città, alimentano con gorgoglio tumultuoso le pale dell’antico mulino dei padri benedettini di San Pietro, poi costeggiano l’attuale via Saragozza. Ed eccole lì, mentre si distendono in linea retta dall’area del monastero più antico della città fino ai giardini dei duchi estensi, per secoli signori di Modena. Il corso di queste acque, che i nostri lontani avi derivarono dal Panaro sin dalla seconda metà dell’XI secolo, si chiama Canalgrande. Fu il maggiore dei numerosi canali che attraversano la città, che per questo fu definita una “piccola Venezia”. In origine fu il cardo della Mutina romana, poi fungeva da fossa delle mura della città altomedievale ed era scavalcato da almeno quattro ponti in legno uno dei quali si elevava di fronte alla chiesa di S Maria delle Assi (che da esso prese il nome) e uno davanti alla chiesa di San Vincenzo.
Il canale con le sue acque silenziose scorre sotto i nostri piedi mentre partiamo alla scoperta di ciò che di antico, bello o curioso si affaccia sul suo corso; un tempo vi si affacciavano erano tre oratori, quattro conventi e quattro chiese ma dal tardo settecento, riformatore e laico, il loro numero calò fino alle due chiese attuali con i rispettivi conventi ristrutturati ad uso civile.
Il Canalgrande fu la prima delle vie del centro ad esser coperta già nel secondo Cinquecento. E ben presto divenne teatro della “giovecca”, dal termine usato a Ferrara e a Venezia per i luoghi adibiti a teatro di feste e sfilate carnevalesche che infatti lungo questo corso si tenevano spesso nel periodo carnevalesco. Modena all’epoca era nota in Italia e oltralpe per le sue pregiate e raffinate maschere carnevalesche.

Alle nostre spalle chiude il corso verso sud il palazzo Marchetti detto Il Belvedere perche’ il suo proprietario si vantava di “abitare la casa in faccia al giardino di S.A. Serenissima” e in effetti l’edificio fronteggia il Giardini ducali pur essendo questi a distanza di 500 metri e nonostante la strada non sia del tutto rettilinea. E dire che secondo un progetto tardo settecentesco poi abortito, il palazzo nelle sue forme più modeste precedenti, doveva esser abbattuto assieme alle case retrostanti per dare maggiore ariosità al Canalgrande prolungandolo fino alla cerchia delle mura. Ma andiamo oltre e proseguiamo il nostro itinerario immaginando di sentire il gorgoglio delle acque sotto ai nostri passi che ci fa da guida. Bastano pochi metri per incontrare, alla nostra destra, la Chiesa di Santa Maria delle Assi al cui fianco sorgeva un tempo il monastero dei Canonici Lateranensi detti rocchettini che per un breve periodo della sua storia, nel tardo settecento, appartenne alla famosa cantante veneta Caterina Bonafini. Elogiata dal conte Gorani che, per il suo elegante salotto letterario e musicale, la definì ’L’“Aspasia di Modena, cantò nei teatri di tutta Europa fino alla lontana corte della zarina Caterina di Russia a San Pietroburgo. L’edificio della cantante, poi palazzo Schedoni, ora ospita l’hotel Canalgrande e sul retro nasconde un inatteso delizioso giardino, erede dell’orto e del giardino dei padri rocchettini. La chiesa delle Assi invece custodisce il prototipo del monogramma di San Bernardino da Siena, l’ardente frate predicatore che, venuto nella nostra città dove tenne alcune focose predicazioni, decise di lasciare proprio qui traccia di sé donando alla chiesa una tavoletta con il noto monogramma latino JHS (Jesus Hominum Salvator).

Superata la piccola chiesa e il contiguo vicoletto, ora chiuso, che permetteva di collegarsi con via Santa Maria delle Assi, poco più avanti sulla destra si nota un palazzo vistosamente più basso degli altri e dalla facciata in cotto a vista. Si tratta dell’edificio più antico rimasto lungo il corso, il cinquecentesco palazzo Seghizzi Coccapani, già attribuito al grande architetto Jacopo Barozzi, detto Il Vignola, in realtà edificato dal ferrarese Antonio Guarini. Ed è in questa casa, ricca di stemmi di questa famiglia, che nacque il celebre architetto del Seicento Guarino Guarini, educato nel collegio dei vicini padri teatini per i quali divenne poi soprintendente ai lavori del loro convento e dell’attigua chiesa di San Vincenzo. All’interno un cortiletto pittoresco con porticato ad arcate tamponate e loggetta ci ricorda le architetture ferraresi rinascimentali. Se proseguiamo ancora, incontriamo sulla sinistra il palazzo dove nacque il generale risorgimentale garibaldino Nicola Fabrizi come ricorda una lapide sulla facciata. A lui è dedicato anche un grandioso monumento posto all’ingresso dei Giardini ducali sul lato di corso Vittorio Emanuele.
Poco oltre, sullo stesso lato, in angolo con via San Cristoforo un grande palazzo dall’intonaco verde tenue ci racconta la sua storia. Nacque come monastero delle monache di San Lorenzo poi alla fine del settecento il duca estense Ercole III fece trasferire le monache al monastero di San Geminiano e ristrutturò il palazzo per l’amante, la cantante Chiara Marini, che l’estense andava a trovare in incognito di notte entrando da un accesso secondario. Fronteggia questo edificio l’imponente palazzo del Principe Foresto, dimora di membri illustri della famiglia estense nel seicento: Luigi fratello del duca Alfonso III e i nipoti Cesare Ignazio e Foresto; quest’ultimo militò nell'esercito imperiale al comando del grande generale Raimondo Montecuccoli e da lui il palazzo prese il nome. L’edificio ospitava una piccola corte parallela a quella di palazzo ducale e ospitò personaggi illustri tra cui il futuro papa Leone X, Francesco I re di Francia, Lorenzo de’ Medici, Vittorio Emanuele II, re d’Italia

. Ora è sede di rappresentanza della prefettura ed è fronteggiato dal versante orientale del palazzo universitario che si affaccia lungo la via omonima a sinistra. Poco oltre il corso incrocia la via Emilia; questo incrocio era il cuore della Mutina romana che aveva nella via consolare il cardo e in Canalgrande il decumano e sorgeva dunque più ad est della Modena medievale incentrata poi sul duomo romanico. A sinistra si notano le prime campate del portico piu’ importante della città, il Portico del Collegio.  Nello stesso incrocio a destra, oltrepassando la via Emilia, sorgeva un tempo la chiesa di Sant’Antonio Abate e l’annesso ospedale “degli Ardenti” dove erano curati i malati di fuoco sacro o di S Antonio che spesso portava alla morte. In seguito fu trasformato in palazzo di abitazione e per un secolo appartenne allafamigli Fabrizi, poi, aggregato al palazzo adiacente, fu ristrutturato nel 1922 e divenne sede di una banca, poi di vari grandi magazzini tra cui la Upim. Sulla sua massiccia facciata spiccano arcate dominate da severe teste di leoni. Di fronte all’austero palazzo tra i portici scorriamo le vetrine della storica gelateria K2 e di Antonio, il fidato barbiere di Enzo Ferrari. Superata la stretta via Gherarda , ecco spiccare davanti a noi la facciata della chiesa di San Vincenzo; un tempo l’edificio aveva le absidi rivolte verso il corso e la facciata ad est secondo il rituale orientamento liturgico delle chiese medievali, ma nei seicento fu rifatta e costruita in modo rovesciato con la facciata rivolta lungo il corso che ora era il punto di riferimento privilegiato e luogo di fasto ed esibizione per le famiglie aristocratiche modenesi con i loro lussuosi palazzi. Ritornando alla chiesa, ne osserviamo le imponenti forme barocche considerando che qui vi officiarono per secoli i padri teatini, appartenenti ad un ordine fondato da Gaetano da Thiene nel primo Cinquecento e voluto a Modena dal duca Francesco I.

- segue nel prossimo numero -