VIAGGIATORI VIAGGIANTI
Di Giovanni Medici
Li chiamano ‘cervelli in fuga’, ma anche nuova emigrazione; in Francia si chiamano ‘expat’ e sono giovani che per motivi di studio o di lavoro vivono all’estero. A Parigi abita Caterina Zanfi, nata a Carpi nel 1982 e che dal 2005 lavora nella capitale francese (è ricercatrice in Filosofia al Centre National de Recherche Scientifique, e su Bergson tiene lezioni e ha scritto diversi libri). Caterina ha creato nel 2011 con un’amica giornalista modenese un blog che si chiama Rezdorareloaded. E già rezdora ci permette di capire l’orientamento tematico del blog: la rezdora come si sa nel nostro dialetto e non solo è la donna di casa, che cucina, ma in senso più ampio un’intraprendente ‘reggitrice’della vita familiare.
Dal 2013 il blog di Caterina, che è componente della Consulta degli emiliano romagnoli nel mondo, si è arricchito della sezione Expat, che raccoglie le ‘rezdore dentro’. Donne che vivono alle Azzorre, a Londra, in Giappone, magari figlie e nipoti di nostri corregionali.
«Dopo il dottorato – spiega – non ho avuto la possibilità di continuare le mie ricerche all’interno dell’Università italiana, mentre in Francia e Germania (dove ho vissuto alcuni anni prima di approdare a Parigi) ho trovato condizioni economiche più sostenibili e uno stile lavorativo più favorevole alla crescita delle giovani ricercatrici. Pur vivendo lontano dall’Italia assieme ad altre rezdore e continuando a cucinare le nostre ricette, magari contestualizzate all’oggi, da Shangai a New York ci sentiamo più vicine a casa».
MigrER (www.migrer.org) è il nuovo museo virtuale dell’emigrazione emiliano-romagnola nel mondo: un portale multimediale, interattivo e in continuo aggiornamento voluto dalla Regione e capace di fotografare, approfondire e rendere accessibile il fenomeno dell’emigrazione regionale dalla fine dell’Ottocento ai giorni nostri. Presentato a fine 2019 MigrER intende valorizzare il patrimonio storico e culturale che la Consulta degli emiliano-romagnoli nel mondo ha raccolto e custodito in più di trenta anni di attività, ma anche per raccogliere testimonianze della nuova emigrazione: e poi incrementare e mettere in relazione la documentazione esistente, promuovere studi, fornire materiali di approfondimento per meglio comprendere la complessità del fenomeno migratorio e legare a noi i nostri corregionali nel mondo e le loro associazioni.
Visitare MigrER è molto stimolante. Un vero e proprio spazio virtuale dove confluiscono racconti, testimonianze, dati e documenti sull’emigrazione regionale di ieri e di oggi. Non solo su chi davvero ha fatto la storia come Felice Pedroni, il fananese fondatore di Fairbanks in Alaska, ma anche le vicende di tanti giovani partiti recentemente o di chi vanta qualche avo locale. L’idea di questa iniziativa nasce in Argentina nel 2017 da un gruppo di discendenti di nostri emigrati che sentivano la necessità di uno strumento moderno e capace di abbattere distanze, facilitare la creazione di reti tra le comunità nel mondo e dare spazio a storie di giovani – seconde generazioni o emigrati loro stessi - per trovare un punto di contatto, identità e memoria collettiva e fotografare un fenomeno in continuo mutamento nelle modalità, nelle motivazioni e nelle coordinate geografiche.
MigrER è dunque un luogo dove la memoria si fonde con l’attualità: le storie presenti in questo Museo virtuale, come quella di Caterina Zanfi di cui trattiamo in queste pagine, sono tantissime, singole e collettive e si collegano ad eventuali documenti e materiali di approfondimento (immagini, testi, audio e video). Gli utenti in tutto il mondo possono inviare la propria storia, creando dunque un continuo aggiornamento.
Nato per gioco, per scambiarsi le ricette grazie alle nuove tecnologie, come una sorta di Ricettario 2.0, RezdorareloadedExpat ovviamente è un’iniziativa senza troppe pretese, propone cucina semplice e ‘povera’, dove si usano molta pentola a pressione e molti vasetti. Nel 2013 a Parigi è stato anche realizzato un evento dedicato alle tagliatelle al ragù, simbolo dell’emilianità (ma che fuori dai nostri confini diventano spaghetti alla bolognese) e per raccogliere fondi a supporto del Centro La Lucciola di Stuffione di Ravarino danneggiato dal sisma (c’era anche Monica Guerritore tra i 60 presenti).
«Se devo fare cene di rappresentanza a Parigi prima di andare a prendere l’aereo parto da Modena dopo aver fatto la spesa al Mercato Albinelli – spiega – Tortellini, passatelli, salumi, Parmigiano reggiano. Il legame con la cucina ‘di casa’ diventa ancora più forte quando si vive all’estero: anzitutto può diventare una cura per la nostalgia, e al tempo stesso è uno dei modi più facili con i quali stringere nuove amicizie. Quando i miei amici francesi ricevono un invito a cena a casa mia sono sempre entusiasti, e dovreste vedere come mangiano volentieri qualsiasi cosa, persino i ciccioli, che del resto si abbinano alla perfezione con le bollicine francesi!» scherza Caterina.
Le rezdoreexpat parigine sono tantissime, e mai con le mani in mano. «Le mie amiche Maria Chiara e Giulia contribuiscono alla felicità domestica a suon di ragù, passatelli e tigelle, e non passa un weekend senza che i loro freezer non vengano riempiti di scorte». Una costante sembra essere il culto dei salumi. Un’altra modenese a Parigi, Francesca, ha addirittura acquistato un’affettatrice in occasione della nascita del primo figlio: «non si sentiva di crescere un bambino senza». Per non parlare di Bianca, che dopo aver insegnato a mezza Tokyo a fare ragù e tortellini, ora vive a Monaco di Baviera. Suo figlio di tre anni è nato in Giappone e non è mai vissuto in Italia, ma appena escono dal Brennero chiede di telefonare alla nonna per sapere se ha preparato i tortellini.
« Grazie ai social ci scambiamo consigli su come trovare surrogati a ingredienti che non troviamo all’estero, o su come usare ortaggi che non eravamo abituate a vedere al mercato a Modena. Capita anche di organizzare le cosiddette ‘staffette parmigiane’, con trasporti rocamboleschi da Corlo a Berlino via Monaco di Baviera!»
Quel che è più impressionante è che alcune tradizioni rimangono anche per diverse generazioni. «L’ho imparato dall’esperienza della Consulta degli emiliano-romagnoli nel mondo, grazie alla quale ho conosciuto molti cittadini con origini emiliano-romagnole talvolta lontanissime, ma che ancora fanno i tortellini a Natale. Quando a raccontarmelo è stata Ana Liza, la cui nonna nel 1907 è emigrata da un paesino in provincia di Parma fino all’Argentina, ho trovato quasi incredibile che i cappelletti in brodo avessero resistito sulla tavola di Natale della sua famiglia, nonostante da quelle parti in dicembre facciano 39 gradi. Ancora più impressionante e commovente è la storia del paesino cileno di Capitan Pastene, dove nel 1904-1905 si insediarono circa 500 coloni di Missano di Zocca, e dove ancora oggi i piatti tipici sono quelli del Frignano: borlenghi, tortellini, polenta e salumi».
La prozia Natalina, nata il giorno di Natale, sesta figlia femmina “e su questo ha sempre detto – spiega Caterina – ‘pensa quanto bene mi devono aver voluto a casa mia’ è famosa per i bensoni che dava a mia madre quando la andava a trovare a Levizzano. Ovviamente la Natalina andava a occhio, però ha cercato di spiegarci la ricetta”.
Far sciogliere il burro (sul termosifone, oppure in un pentolino sul fuoco e in questo caso lasciarlo raffreddare)
Unire farina, zucchero, uova (intere, non montate), una presa di sale e la scorza di limone grattugiata
Unire il burro intiepidito ma tenerne da parte un pochino per spennellarlo sopra alla fine
Unire anche la dose
Impastare 10 minuti poi avvolgere l’impasto in un burazzo infarinato, lasciare riposare mezz’ora
A un certo punto accendere il forno a 150°
Preparare una teglia con carta da forno, oppure imburrata e infarinata
Mettere l’impasto sulla teglia dando una forma a S oppure dritto (durante la cottura si allarga, quindi all’inizio è meglio dargli una forma stretta)
Fare un’incisione per tutta la lunghezza e altre con un coltello
Spennellare sopra il burro sciolto oppure l’albume e cospargere di granella
Infornare a 180° per 30 minuti
Abbinamento vino: Trebbiano amabile
La cucina del resto è sempre stata uno dei vettori più forti della cultura, perché è un rito totale, legato a occasioni speciali, che unisce le persone sia nella preparazione ‘corale’ del cibo che nel tempo trascorso insieme a tavola. Questo spiega la nuova importanza che è stata riconosciuta all’emigrazione femminile, a lungo dimenticata e persino coscientemente occultata. C’è un bellissimo libro della Consulta degli emiliano-romagnoli nel mondo, dedicato alle storie e ai ritratti di emiliano-romagnole in emigrazione. Ancora più degli uomini infatti le donne emigrate hanno tenuto viva la memoria dei parenti, la lingua originaria e i dialetti, e ovviamente la cucina. Rezdoreexpat ante litteram, eroiche agli occhi della generazione di Caterina, che per trovare una buona fetta di Parmigiano può tornare spesso in Emilia o ancora più comodamente andare da Eataly o in una delle tantissime botteghe gastornomiche che italiani intraprendenti hanno aperto in ogni parte del mondo.
Una novità della nuova emigrazione sono poi i rezdori, che cominciano a cavarsela egregiamente anche ai fornelli. «Il mio compagno di classe Alessandro ha portato una tigelliera nello Utah, dove è professore di Ingegneria; Francesco non rinuncia al gnocco fritto nemmeno a Melbourne, mentre Michele delizia i suoi amici di New York con cotechino, lenticchie e fagioloni. Stefano invece fa il miglior pesto per le tigelle di Parigi e il violinista Timoti, berlinese d’adozione, ha conquistato i suoceri americani con una trionfale teglia di lasagne. Dopo le tante piccole lotte quotidiane in terra straniera – conclude Caterina – sono tanti i modenesi ‘de ‘d via’ che rientrati a casa indossano un grembiule, impugnano un mattarello e rompono uova in una fontana di farina – come dice Timoti – ‘per un mondo migliore’».
per comporre il ripieno dei tortellini
https://rezdorareloaded.blogspot.de/2013/05/tortellini.html
per fare un signor brodo
http://rezdorareloaded.blogspot.it/2013/11/il-brodo.html
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