VIAGGIATORI VIAGGIANTI

Romano Cuoghi Il Venezuela è la mia storia

I modenesi che, nell'immediato dopoguerra sono emigrati all'estero in cerca di fortuna hanno esportato, assieme ai loro sogni, anche il know-how, le competenze e la mentalità imprenditoriale caratteristiche della nostra terra. Stati Uniti, Argentina e Brasile hanno rappresentato per tanti le mete preferite. Ma un’altra terra lontana è stata raggiunta da tanti modenesi, soprattutto nel decennio che va dal 1968 al 1978. Parliamo del Venezuela, con il quale l’Italia ha legato con lunghi e stabili legami storici e culturali e, per un breve periodo, protagonista di un vero e proprio boom economico. Romano Cuoghi, modenese doc e da sempre appassionato di meccanica, da più di cinquant'anni vive con la famiglia a Maracay nella regione di Aragua, a 80 km da Caracas. Ai lettori di Arte di Vivere racconta la sua esperienza.

Romano Cuoghi, ci parli di lei
Sono nato a Modena nel lontano 1939, oggi ho 81 anni. Ho abitato in via Moreali, fino alle fine degli anni ‘60. All'epoca Modena era una città più piccola, meno industrializzata di oggi ma anche più familiare. La gente del Dopoguerra era propositiva: già da bambino sentivo intorno a me un gran fermento, entusiasmo e voglia di ricostruire. Ricordo i pomeriggi della mia gioventù trascorsi in centro sotto la Ghirlandina, le chiacchierate in dialetto con gli amici e le partite a carte davanti ad un bicchiere di lambrusco fra le mura del bar da Cesare, in via Carteria, che proprio in quegli anni aveva preso in gestione il locale

Lei ha frequentato l’Istituto Corni di Modena.
Ho frequentato il Corni negli anni ’50. Il know out acquisito grazie agli studi tecnici e le esperienze lavorative in alcune aziende modenesi, mi hanno permesso di progettare e costruirmi solide opportunità e relazioni lavorative in Venezuela. Ancora oggi il Corni è una delle migliori scuole per la preparazione di tecnici ed operai specializzati per le fabbriche automobilistiche e nella meccanica, come lo fu negli anni fra le due guerre con i suoi corsi legati al mondo del lavoro. Dopo il diploma, conseguito con il massimo dei voti, sono andato in Spagna, a Madrid per partecipare al campionato Mondiale Professionale, su invito del Ministero della Pubblica Istruzione. Vinsi il primo premio con un progetto innovativo, sbaragliando molti candidati. La coppa mi è stata consegnata personalmente da Francisco Franco, allora governatore di Spagna al servizio della casa reale. Le fotografie di quel momento, scattate per l’occasione, sono ancora esposte nel corridoio centrale del Corni.

Questo premio le ha aperto opportunità di lavoro?
Certamente, al mio ritorno a Modena mi sono piovute addosso numerose offerte di lavoro. Non era difficile trovare un impiego a quel tempo. Erano gli anni ’60, in pieno boom economico caratterizzato da una forte crescita e sviluppo tecnologico. A Modena si affermavano piccole industrie dai prodotti unici al mondo, come la Ferrari, Maserati e la Panini ma anche i poli ceramico di Sassuolo, tessile di Carpi e biomedicale di Mirandola. In questo contesto, fui coinvolto nella fondazione della ditta Icem a Modena. Iniziai a lavorare come gerente e poco tempo dopo partecipai ad una gara internazionale che vedeva coinvolte tre grandi aziende europee: la Bosc tedesca, la Ducel francese e la Fiat italiana. La gara consisteva nella costruzione di una macchina automatica per imbobinare indotti e induttori, nel campo automobilistico. Studiai il disegno ma all’inizio commisi l’errore di applicare la tecnica innovativa della robotica che, proprio in quegli anni, alcune aziende modenesi stavano sperimentando. La tecnica non funzionò perché il processo robotico era in anticipo sui tempi e provocava una alta quantità di scarti. Così mi sono dedicato al disegno di una macchina dotata di una testata circolare, a cui nessuno aveva ancora pensato, con guide telescopiche radiali. Questa macchina viene utilizzata ancora oggi nella meccanica.

Perché ha deciso di trasferirsi in Venezuela?
Nel 1966, a Modena, lavoravo per la fabbrica di mobili Officine Leo, sulla via Emilia. Avevo scelto quel lavoro cedendo alle suppliche di mia madre che desiderava che accettassi quel posto. Presentai al titolare il disegno di un sistema di bloccaggio del tubo per le macchine piegatrici. Un sistema mai usato nel mondo delle piegatrici. La ditta era dubbiosa e non accettò di fare il prototipo, ma io non mi sono arreso. Mi rivolsi ad alcuni amici titolari di una officina meccanica di Modena, i quali realizzarono gratuitamente il prototipo dal mio disegno. Casualmente una ditta modenese, la Biemca, con una filiale a Maracay, in Venezuela, aveva loro ordinato la costruzione di tutti gli stampi per la fabbricazione. Furono stupiti quando gli dissero che quegli stampi li avevo disegnati proprio io. Il proprietario mi invitò ad un colloquio, mi spiegò tutto del Venezuela, della sua gente e di come funzionava la sua ditta. Il suo progetto era quello di costruire a Maracay un grande capannone su un terreno di 50.000 mt di terreno, in grado di ospitare tutte le macchine che aveva ordinato. L’offerta di lavoro prevedeva uno stipendio inferiore a quello che guadagnavo in Italia ma con la promessa di lauti guadagni in futuro. Così ho accettato la proposta e sono partito per il Venezuela il 20 di ottobre 1966.

Ricorda il giorno della partenza?
Ho salutato la famiglia e gli amici sapendo già che avrei avuto molta nostalgia della mia terra. Sono partito da Modena diretto a Genova per imbarcarmi sulla nave ma, a causa di uno sciopero dei portuari, siamo stati costretti a salire su un treno verso il Porto di Napoli. Abbiamo atteso tre giorni prima di imbarcarci perché la nave doveva organizzare tutti i carichi. A Napoli ho conosciuto Donatella, una ragazza veneta diretta anche lei, con la madre, in Venezuela, in attesa di salire sulla nave per raggiungere il padre. Giunti a destinazione ci siamo persi di vista ma poi il destino ha voluto che ci incontrassimo di nuovo. Nell’ottobre del 1968 ci siamo sposati e oggi abbiamo due figli e quattro nipoti.

Lei è stato protagonista di un piccolo miracolo imprenditoriale in Venezuela. Di cosa si tratta?
Il giorno dopo il mio arrivo ho iniziato a lavorare a Maracay. La collaborazione da dipendente, però, non è durata a lungo. Dopo qualche tempo ho convinto un mio collega a metterci in proprio e aprire una officina di costruzione stampi. La mia idea si basava sul fatto che in Venezuela non esistevano veri esperti nel ramo. Le ditte che avevano necessità di questo prodotto dovevano importare il materiale dall’estero. Così abbiamo riunito i nostri risparmi e siamo andati a Caracas e a Maquinaria Diekman. Abbiamo fatto un debito colossale per acquistare tutta l’attrezzatura necessaria per avviare la nostra ditta. Ma il destino, ancora una volta, mi è venuto incontro. Io e la mia famiglia, infatti, vivevamo a Maracay in una villettina in un quartiere abitato da una piccola comunità di modenesi arrivati in Venezuela per cercare una nuova vita nel dopoguerra. Nella casa di fronte alla nostra vivevano due uomini originari di Formigine, ex meccanici di mantenimento della Ferrari, mentre al piano inferiore viveva un immigrato di Nonantola. Il modenese era proprietario di un terreno sul quale stava costruendo un capannone per la riparazione di carrozzerie e parti meccaniche di veicoli. Così ci offrì di installare nel capannone le nostre macchine con un affitto calmierato. Lì nasce la prima nostra ditta, la Taller Micron. Con la mia valigetta andai a visitare tutte le ditte che avrebbero potuto offrirci lavoro. In pochi mesi le commesse di lavoro aumentarono, tanto da dover assumere tre operai. In breve tempo il nome Micron si diffuse anche tra i grandi imprenditori della zona tanto da ricevere la proposta di fondare una nuova società a Caracas. In poco più di un anno abbiamo fondato la “Industria Fema C.A.” la ditta meccanica più grande del Venezuela, con laboratori e strumenti all’avanguardia. La fama cominciò ad aumentare, i clienti pure, così come la complessità dei prodotti realizzati in loco e che, normalmente, venivano importati dall’estero.

Come spiega questo successo?
Tra il 1968 e il 1978 il Venezuela era interessato da un vero e proprio boom economico che lo portò ad essere il paese più ricco del Sudamerica e la sua economia gemma nel panorama di quelle emergenti. Era l’epoca di Carlos Andres, Presidente della Repubblica che emanò due decreti legge importanti: il primo permise l’aumento delle tasse di importazione mentre il secondo la possibilità di credito bancario a lungo termine per gli imprenditori venezuelani che dimostravano di poter produrre autonomamente attrezzature, ricambi macchine, veicoli, oggetti vari normalmente importati.



Negli anni è riuscito a tornare a Modena?
Nel 1975 fui invitato da un fornitore a fare un viaggio di lavoro alla Fiera Internazionale di Parigi e a Stikingen in Germani. Al ritorno programmai una tappa a Modena per visitare famiglia e parenti. Mi sono emozionato a rivedere la città in cui sono nato. In Venezuela ho lavorato per creare un futuro per me e la mia famiglia ma la modenesità non mi ha mai abbandonato. Tutti i modenesi emigrati in questa terra non si sono mai arresi, dimostrando ciò che valgono. Ora la mia vita è a Maracay ma non dimentico le mie origini. Di giorno vivo in Venezuela ma di notte sogno Modena.